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Delinquenti si diventa

e la colpa è di tutta la società, quindi anche nostra.

La famiglia è malata

 

La televisione cattiva maestra

 

La scuola è malata

 

Il  "mostro"

 

Dove abbiamo sbagliato?

L’efferato delitto compiuto a Novi Ligure da Erika e Omar hanno spinto moltissimi genitori a domandarsi: Dove abbiamo sbagliato?

La domanda mi sembra corretta. Anche sono in molti coloro che vorrebbero addossare la colpa unicamente sulla ragazzina e sul suo fidanzatino.

Dove abbiamo sbagliato? Come è possibile che una ragazza di una famiglia perbene, di onesti professionisti alla quale non era mai mancato niente si sia trasformata in un mostro sanguinario?

Quali sentimenti perversi possono aver armato la mano dei due ragazzi spingendoli a trucidare una donna e un ragazzino di tredici anni, rispettivamente mamma e fratello di Erika?

Sono interrogativi ai quali è molto difficile rispondere. Anche se molti esperti nelle più varie discipline hanno già provato a rispondere.

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La famiglia è malata

Gli esperti parlano di “disagio giovanile”, di “mal di vivere”, di “solitudine esistenziale” nella quale vivono i giovani di oggi, di profonda insicurezza originata, sempre secondo gli esperti, in lacune che si riscontrano nel seno della famiglia anche di condizioni economiche agiate.

A questo proposito è interessante l’affermazione fatta dalla direttrice del Carcere minorile Cesare Beccaria di Milano, Dottoressa Giovanna Fratantonio la quale in un’intervista concessa alla rivista cattolica “Famiglia Cristiana” del 18 Marzo 2001, pag. 44, secondo cui “Fino a qualche anno fa , i minori arrivavano in Carcere da certi luoghi e ceti sociali. Ora provengono da tutte le classi e da tutti i quartieri. Hanno problemi, o in famiglia, o nel quartiere o a scuola. Inoltre, un tempo ci presentavano come modelli “il buono” e “il cattivo”. Oggi i modelli non riguardano più tanto il bene e il male, ma sono “quello forte” , “quello che si diverte di più”, “quello che appare spesso in Tv”. Per di più chi parla di probità, onestà, viene tacciato come retorico. E allora di che cosa parliamo? Di vestiti? Di bellezza? Di sesso e ballo che durano ore? Si presentano superuomini e superdonne che non aiutano gli altri, ma esaltano sé stessi. Modelli assurdi, che generano confusione”.

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Dimmi fratello,

se tu fossi nato in uno dei tanti quartieri degradati di una delle grandi città...

se fossi nato in una delle tante famiglie numerose, con tuo padre disoccupato e tua mamma angosciata per la preoccupazione di sfamare te e i tuoi fratelli e sorelle...

dimmi fratello,

se tu a causa della povertà fossi stato costretto ad abbandonare la scuola per lavorare fin da piccolo e così aiutare la tua famiglia....

se tu avessi dovuto leggere la frustrazione e la disperazione sul volto dei tuoi genitori, e scoprire intorno a te solo indifferenza ...

ti sentiresti ancora nelle condizioni per giudicare così facilmente?

La televisione cattiva maestra

A questo riguardo vorrei aggiungere una considerazione sul ruolo svolto dalla Televisione che non mi sembra sia tenuto nella giusta considerazione . Nel farlo mi servo del bellissimo libro, edito dalla "Reset" del 1994 - che però conserva tutta la sua attualità - dove al l'indagine compiuta da John Condry si unisce la proposta del famoso sociologo svizzero naturalizzato americano Karl R. Popper . "Vale la pena ricordare che l'autore della "Logica della scoperta scientifica e della Società aperta e i suoi nemici", non è soltanto un filosofo o un epistemologo. Fin dalla sua tesi di laurea, Popper si è situato a cavallo tra la filosofia e la psicologia, avendo approfondito questa seconda scienza soprattutto dal punto di vista biologico. Non è un caso che egli sia tuttora membro dell'Accademia americana delle scienze, nella sezione dedicata all'evoluzione e alla biologia. Ma accanto a questo aspetto delle sue competenze, noto attraverso l'intera sua opera, ve n'è un'altro meno conosciuto: Popper è stato per una parte della sua vita educatore di bambini..." ( Dall'introduzione del libro a cura di Giancarlo Bosetti)

Innanzitutto il sociologo prende spunto da un'indagine svolta da John Condry, riportata nello stesso libro, insieme con un articolo di Charles S. Clark sulla violenza in Tv, professore di Human Development e family studies al College di Human Ecology della Cornell University. Psicologo scienziato delle comunicazioni, è stato condirettore del Centro per le ricerche sugli effetti della televisione, il quale afferma un dato di fatto: l'influenza della televisione dipende da due fattori: l'esposizione e i contenuti.

Dopo aver chiarito che un bambino americano sta  40 ore complessivamente davanti alla televisione e giocando ai videogiochi, Condry si sofferma sui contenuti. 

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"Per quanto riguarda i contenuti i dati sono inequivocabili. Grazie alla televisione un bambino assiste in media a 8 mila omicidi e a 100 mila atti di violenza prima di aver terminato le scuole elementari.

La conclusione è che i bambini possono arrivare alla convinzione che "il più forte ha ragione". Un'idea che senz'altro capiscono è che se uno vuole una cosa e ha più potere di un'altro, la ottiene. I cartoni animati di "azione-avventura" sono "vicende di potere" . Studi sperimentali su un numero limitato di bambini e vasti studi sul campo condotti in culture diverse utilizzando una varietà di tecniche, concordano sul fatto che i bambini di entrambi i sessi che guardano molto la televisione sono più aggressivi di quelli che non la guardano spesso.

In questo modo viene distorta la vera concezione di forza che non significa violenza ma energia che produce vita, di fatto se i bambini di oggi sono crudeli verso i loro simili, come sostengono alcuni, se mancano di solidarietà, se ridono dei deboli e disprezzano le persone che mostrano di aver bisogno di aiuto, questi atteggiamenti sono forse attribuibili a ciò che si vede sul piccolo schermo? I poveri e i meno fortunati sono rappresentati di rado in televisione, e quando ciò accade vengono per lo più additati al ridicolo.

La ricchezza è la chiave per passarsela bene in Tv; i più ammirati sono i ricchi, vivono in dimore sontuose e vanno in giro a bordo di limousine lunghe come treni.

La cosa davvero assurda è che la Tv non mostra mai nessuno intento a lavorare per guadagnare le ricchezze che ostenta. Non esiste alcun legame fra il lavoro e la vita. I bambini, che preferiscono la soluzione più rapida ai problemi, cercano la bella vita così come la definisce la televisione, vale a dire possedere tante cose, ma non sanno come procurarsele. E come potrebbe essere diversamente? Mostrare gente che lavora per la televisione è una bestemmia, uno spreco di tempo! Rende la Tv noiosa, e ciò sarebbe inammissibile. In televisione, ogni momento dev'essere emozionante, ogni avvenimento deve attrarre l'attenzione. A queste condizioni, è impossibile raffigurare il rapporto causale fra lavoro e ricchezza o altri che non sono facili da raffigurare o presentabili sul piano visivo.

Come meravigliarsi allora che per tanti questo bombardamento possa indurre  nell'animo di tanti giovani, che oggi vivono nell'insicurezza, nell'angoscia, la ricerca di scorciatoie ai limiti della legalità?

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Per questo Karl Popper afferma:  

"Otto anni fa, con una lezione, avevo sostenuto la tesi che stiamo educando i nostri bambini alla violenza e che se non facciamo qualcosa la situazione necessariamente si deteriorerà perché le cose muovono sempre nella direzione della minor resistenza....C'è ormai un discreto numero di casi in cui responsabili di atti criminali hanno ammesso di aver ricevuto ispirazione per i loro crimini dalla televisione. Ed è stato clamoroso il caso di due ragazzi, di dieci anni e mezzo, che a Liverpool hanno rapito e ucciso senza alcun motivo un bambino di due anni nel febbraio del 1993. Il fatto determinò un grandissimo interesse e allarme: si trattava di un tipo di depravazione di cui difficilmente si potevano trovare dei precedenti....Nel corso della mia vita mi sono a lungo occupato di educazione. I particolare ho imparato nel rapporto con i soggetti più difficili, che provenivano quasi sempre da case in cui c'era la violenza. Per lo più si trattava di violenza esercitata sulle madri da parte dei padri di questi piccoli e in generale questi padri erano alcolizzati che condizionavano con la violenza l'intera vita familiare. Questo era il modo tipico in cui l'ambiente di bambini sfortunati poteva venire influenzato dalla violenza. Adesso la violenza in casa è sostituita ed estesa dalla violenza che appare sullo schermo televisivo. E' attraverso questo mezzo che essa viene messa davanti ai bambini per ore ogni giorno. La mia esperienza mi porta a considerare questo punto molto importante, direi decisivo. La televisione produce violenza e la porta in case dove altrimenti violenza non ci sarebbe...

Illustrerò allora brevemente la mia proposta, per la quale ho adottato il modello fornito dai medici e dalla forma di controllo generalmente istituita per la loro disciplina. I medici sono controllati dalle proprie organizzazioni, secondo un metodo che è altamente democratico. I medici hanno infatti un grande potere, sulla vita e la morte dei loro pazienti, che deve necessariamente essere sottoposto a un controllo. E in tutti i paesi civili c'è una organizzazione attraverso i quali i medici controllano se stessi e c'è anche, naturalmente, una legge dello Stato che definisce le funzioni di questa organizzazione. Io propongo che una organizzazione simile sia creata dallo Stato per tutti coloro che sono coinvolti nella produzione di televisione. Chiunque sia collegato alla produzione televisiva deve avere una patente, una licenza, un brevetto, che gli possa essere ritirato qualora agisca in contrasto con certi principi.

Questa è la via attraverso la quale io vorrei che si introducesse finalmente una disciplina in questo campo...L'organismo che avrà la facoltà di ritirare la patente sarà una sorte di Corte. Perciò tutti, in un sistema televisivo che operasse secondo la mia proposta, si sentirebbero sotto la costante supervisione di questo organismo e dovrebbero sentirsi costantemente nelle condizioni di chi, se commette un errore, sempre in base alle regole fissate dall'organizzazione, può perdere la licenza. Questa supervisione costante è qualcosa di molto più efficace della censura, anche perché la patente, nella mia proposta, deve essere concessa solo dopo un corso di addestramento al termine del quale ci sarà un esame.

Uno degli scopi principali del corso sarà quello di insegnare a colui che si candida a produrre televisione che di fatto, gli piaccia o no, sarà coinvolto nella educazione di massa, in un tipo di educazione che è terribilmente potente e importante. Di questo si dovranno rendere conto, volenti o nolenti, tutti coloro che sono coinvolti dal fare televisione: agiscono come educatori perché la televisione porta le sue immagini sia davanti ai bambini e ai giovani che gli adulti. Chi fa televisione deve sapere di aver parte nella educazione degli uni e degli altri....Ciò che devono imparare è che l'educazione è necessaria in ogni società civilizzata, che i cittadini di una società civilizzata, le persone cioè che si comportano civilmente, non sono il risultato del caso, ma sono il risultato di un processo educativo. E in che consiste fondamentalmente un modo civilizzato di comportarsi? Consiste nel ridurre la violenza. E' questa la funzione principale della civilizzazione ed è questo lo scopo dei nostri tentativi di migliorare il livello di civiltà delle nostre società...

La democrazia consiste nel mettere sotto controllo il potere politico. E' questa la sua caratteristica essenziale. Non ci dovrebbe essere alcun potere politico incontrollato in una democrazia. Ora è accaduto che questa televisione sia diventata un potere politico colossale, potenzialmente si potrebbe dire anche il più importante di tutti, come se fosse Dio stesso che parla. E così sarà se continueremo a consentirne l'abuso. Essa è diventata un potere troppo grande per la democrazia. Nessuna democrazia può sopravvivere se all'abuso di questo potere non si mette fine...Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione, o più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà stato pienamente scoperto. Dico così perché anche i nemici della democrazia non sono ancora del tutto consapevoli del potere della televisione. Ma quando si saranno resi conto fino in fondo di quello che possono fare la useranno in tutti i modi, anche nelle situazioni più pericolose. Ma allora sarà troppo tardi. Noi dobbiamo saper vedere ora questa possibilità e controllare la televisione  con i mezzi che qui ho proposto. Naturalmente io credo che essi siano i migliori e forse anche gli unici. E' ovvio che qualcuno altro potrà avanzare proposte migliori, ma finora non mi pare di averne sentite."

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La scuola è malata

In un recente libro pubblicato a cura di Enrico Pugliese - ordinario di sociologia del lavoro nell'università di Napoli Federico II e docente stabile alla scuola Superiore della Pubblica Amministrazione di Roma - edito dalla Fridericiana Editrice Universitaria, sul quartiere di Scampia intitolato "Oltre le Vele, Rapporto su Scampia, a pagina 18 il Professore Pugliese parlando delle difficoltà in cui si trova la scuola in questo quartiere afferma che:

" In concreto la scuola non riesce ad offrire dei modelli culturali forti e alternativi rispetto a quelli che si sviluppano nei gruppi di pari esistenti che si aggregano nel quartiere o a quelli che si sviluppano nei gruppi di pari esistenti che si aggregano nel quartiere o a quelli di famiglie particolarmente disgregate e incapaci di inculcare  valori di integrazione sociale.

Per cui tenendo in considerazione il profilo psicosociologico  del detenuto-tipo: - che viene fuori dalle ultime inchieste del Dipartimento di Amministrazione Penitenziale - Giovane, senza lavoro, meridionale o extracomunitario fuori dai circuiti d’istruzione ordinari, provenienti dalle imbarbarite periferie urbane, occorre davvero che la società tutta si faccia un bell'esame di coscienza e riconosca la sua parte di colpa nell'esplosione criminalità degli ultimi anni.

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Il  "mostro"

Vorrei a questo punto riportare una bellissima testimonianza di un padre che ha avuto il figlio vittima di un "mostro".

"Mi si chiede sempre di raccontare la mia esperienza. io rappresento una di quelle vittime di cui si parla. Essere in questa posizione non è sicuramente comodo.

Voglio iniziare il mio intervento parlando del mio incontro avuto con i detenuti di "S. Vittore" e del rapporto che si è creato con loro. Ho passato un giorno intero all'interno dell'Istituto di detenzione di Milano, conoscendo una realtà e persone che credevo molto diverse. Pensavo di trovare uomini diversi da me, uomini con un modo di pensare e un modo di vedere la vita profondamente diversi dai miei. Ma non è così. Ho avuto modo di parlare con loro e di instaurare uno scambio comunicativo. I detenuti mi hanno rivolto tantissime domande, altrettanto ho fatto io. Da questo dialogo è emersa la profonda sofferenza  che loro provano per i reati commessi. Questo ritengo essere un elemento importante.

Il parlare con loro mi ha stimolato ulteriormente a fare qualcosa per loro, per non lasciare inascoltati i loro vissuti. Ho proposto pubblicamente che le loro energie, le loro esperienze varchino le porte del carcere e siano messe a disposizione di altri ragazzi, di altre persone. Alcuni detenuti, disperati dall'idea di passare diversi anni della loro vita in carcere per espiare la colpa del loro reato, avevano tentato il suicidio.

Quello che ho contestato a loro è di avere fatto quell'errore di non aver riflettuto sulle conseguenze. La prevenzione, a mio avviso, fa riferimento in senso pratico a un'azione informativa e promozionale sul territorio.

Io vengo da Foligno e il mio bambino ha avuto contatti con un ragazzo, il cosiddetto "mostro di Foligno" che, oltre a lui, ha ucciso un altro bambino. Adesso, dopo alcuni anni, si sta ventilando l'ipotesi, abbastanza fondata, che Luigi Chiatti possa iniziare a usufruire di permessi-premi. Immediatamente una associazione di Foligno ha subito iniziato una raccolta di firme per impedire che questa ipotesi si realizzi. Io non ho condiviso questa iniziativa perché, pur comprendendo la fondata paura della gente, ritengo che sia importante non tanto la raccolta di firme, quanto l'organizzarsi sul territorio (risorse spontanee e codificate) per discutere con le Istituzioni su quali siano i provvedimenti migliori da adottare perché episodi come quello di cui sono stato vittima non si ripetano mai più.

E' evidente che, se uno diviene un mostro, vuol dire che ci sono dei precedenti nei suoi vissuti che l' hanno portato a essere tale. E allora preveniamo, portiamo cioè a monte, dalla situazione di potenziale rischio e facciamo in modo che le persone non abbiano a soffrire al punto tale da trasformarsi in mostri...Se Luigi Chiatti fosse stato aiutato quando ne aveva bisogno, da piccolo, probabilmente non sarebbe diventato un mostro. Di conseguenza non ci sarebbero state vittime. Per arrivare a operare a monte è utile guardarsi attorno, aiutare chi ha bisogno di aiuto; questo atteggiamento sarebbe risulta vantaggioso per tutti. Se io avessi avuto l'opportunità di aiutare Luigi Chiatti, lui non avrebbe ucciso mio figlio. Se intorno a me c'è una persona che ha problemi e l'aiuto, non li scaricherà sugli altri. Se, invece, le volto le spalle potrà succedere l'inevitabile, l'irreparabile. E, dopo il fatto, la colpa risulta essere sempre degli altri....il Carcere non rappresenta una soluzione risolutoria. risolutivo è il trovare una forma di espiazione che faccia sì che determinati reati non vengano più compiuti....

(Luciano Paolucci dell'Associazione "La marcia degli angeli" , Perugia)

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