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"Il Vento soffia dove vuole"

(Gv. 3,8a)

Com'è potuto accadere?

L’impatto dell’aereo da turismo nel grattacielo della Pirelli a Milano che ha causato la morte di tre persone, ha ancora una volta stimolato nell’opinione pubblica la domanda, ormai consueta:

Com’è potuto accadere?

La gente che vive a Milano si domanda: com’è potuto accadere?

Com’è possibile morire in questo modo?

Come si può essere sicuri una volta usciti da casa per lavorare di poter ritornare sani e salvi?

Che cosa bisogna fare perché questo non accada più?

Di fronte a quello che accade nel mondo e che è riportato con tanta insistenza dai Mass Madia la sensazione è che sembra che la vita umana non abbia più valore. Si può morire per grandi ideali (l’attacco dell’11 settembre contro l’America ha posto la questione che per grandi ideali si può essere anche pronti ad uccidere pensando d’essere martiri, almeno nelle intenzioni di chi è pronto ad uccidere, suicidandosi), ma, si può morire, nelle grandi città, anche per centomila lire, per un cellulare, per un motorino, per la pensione.

Che cosa fare perché la sicurezza sia sempre più una realtà della nostra vita? Che cosa bisogna fare perché nessuno abbia più il potere di distruggere vite umane e gettare nel caos famiglie intere?

Potrebbe sembrare ovvia l’unanimità intorno a questa domanda. Tutti dovrebbero desiderare che certe cose non avvengano e intervenire concretamente perché la prevenzione impedisca il sorgere di fatti che comportino la sofferenza o la perdita di vite umane.

Eppure non è così ovvio come potrebbe sembrare.

 

L'industria del crimine

Il noto criminologo Nils Christie, docente all’Università di Oslo, afferma nel suo libro “Il Business penitenziario” che: “Le società di tipo occidentale si trovano ad affrontare due problemi principali: la ricchezza è distribuita ovunque inegualmente; così pure l’accesso al lavoro retribuito. Entrambi i problemi sono in potenza fonte di conflitti. L’“industria” del controllo del crimine è adatta ad affrontarli entrambi. Questa industria da una parte fornisce profitto e lavoro e dall’altra produce il controllo di coloro che altrimenti potrebbero disturbare il processo sociale…Non manca mai la materia prima: sembra che esista un rifornimento continuo di crimine. Infinite sembrano essere anche le richieste di servizio, come pure la volontà di pagare per quella che è considerata sicurezza…” (pag. 9)

  La domanda che giustamente ci si potrebbe porre in questa logica perversa è : Perché prevenire un fenomeno, quello criminoso, se è una realtà che tutto sommato produce lavoro e profitto?

 

Il business penitenziario 

“Le carceri sono un grande business” dichiarò alcuni anni fa il portavoce della lobby dei costruttori penitenziari americani.

Nel suo libro: “Perché è diminuita la criminalità negli Stati Uniti?” Marzio Barbagli, docente di statistica presso l’Università di Bologna, descrive l’andamento della criminalità negli USA raccogliendo una serie di opinione e studi di criminologi e sociologi sulla ragione di questo fenomeno.

Alla riduzione della criminalità ha però fatto riscontro un aumento del numero dei detenuti che hanno raggiunto la cifra record di oltre due milioni.

L’aumento di persone incarcerate è, quindi, spesso una conseguenza di politiche penali più severe verso quei reati minori come droga e disturbo della quiete pubblica.

Tuttavia di recente, per la prima volta dopo decenni, in tredici Stati tra i quali il Massachusetts, New York, New Jersey e Texas un certo numero di posti-prigione sono rimasti liberi in seguito al calo degli indici di criminalità.

Ma non tutti sono stati contenti. Negli USA il sistema penitenziario è in parte privatizzato. Il lieve calo dei detenuti ha fatto scendere le quotazioni – in precedenza ottime – delle azioni delle società di gestione dei penitenziari. Secondo M. Molinari (vedi articolo sulla Stampa,14 agosto 2001), per recuperare i precedenti floridissimi indici di Wall Street i responsabili delle anonime che investono in carcere avrebbero fatto sapere di essere pronti a far pesare voti e finanziamenti sui leader politici di vari Stati (come California e Texas), al fine di ottenere maggior rigore nell’applicazione della legge penale e, di conseguenza, far risalire l’indice della detenzione. (?!)

Risulta sempre più chiara, a questo punto, la tesi di Nils Christie secondo cui: “prigione vuol dire denaro” e si potrebbe forse aggiungere, vittorie politiche.

 

Il Vento soffia dove vuole...

  Noi cristiani siamo coloro che si fanno guidare dallo Spirito di Dio. E lo Spirito di Dio è come il vento…soffia dove vuole. E se questo vale per tutti i cristiani a maggior ragione vale per i sacerdoti.

E’ incredibile che dopo due anni passati come cappellano del carcere di Poggioreale Dio abbia fatto sentire la sua voce, abbia fatto soffiare il Suo Vento che mi porta a New York.

Cappellano del carcere di “Rikers Island” il più grande penitenziario degli Stati Uniti. Il mio compito sarà svolgere il ministero sacerdotale nel reparto di “Maximum Security”.

Non basta che il Vento soffi e che ci sia le certezza in coscienza della veridicità di quanto sperimentato. Noi cattolici – e lo diciamo con vanto – “crediamo la Chiesa”, e nella Chiesa, crediamo che il Santo Padre e i vescovi suoi collaboratori hanno il compito di confermare il “Soffio” dello Spirito.

Il Cardinale Giordano, Arcivescovo di Napoli, mi ha concesso il permesso di esplicare il mio ministero sacerdotale, come cappellano del carcere di Rikers a New York per tre anni, e mi ha dato la sua benedizione.

In quanto cristiani noi abbiamo il dovere di portare la Buona Notizia di Gesù di Nazareth: “La vostra schiavitù è finita!”(cfr. Lc.16-19). E ricordare a tutta la società che tenere persone umane in prigione non può, in nessun modo, essere considerato un business.

A tutti vorrei chiedere il ricordo nella preghiera perché attraverso di me Il Signore possa far sentire la sua voce di perdono e di risurrezione.

 

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Don Bruno Oliviero