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Anno Nuovo, Vita...Vecchia

negli Istituti di Pena Italiani

 

Il Dott. Sebastiano Ardita, Direttore generale dell’area Detenuti e trattamento del D.A.P. (Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria) Alla terza Assemblea nazionale del Volontariato Giustizia tenutasi a Roma dal 21 al 23 Ottobre 2004 sul tema: “Giustizia, Diritti, Solidarietà e Gratuità nel nostro tempo” sottolineò chiaramente come il carcere non può più considerarsi l’unica risposta al crimine per due ragioni: il primo motivo è perché non è giusto punire con il carcere reati che possono essere puniti con altre forme di sanzione: lavoro a favore della società civile, risarcimento pecuniario, etc. la seconda ragione è che il carcere così com’è adesso non funziona. Assomiglia di più ad una “scuola del crimine” che ad una “scuola di recupero”.  Il dott. Ardita aveva ricordato che quando lavorava come pubblico ministero l’unica sua preoccupazione era condannare gli autori dei reati. Da quando è diventato responsabile dell’area trattamentale si è reso conto che coloro che sono ospitati negli Istituti di pena Italiani sono per la maggior parte persone disagiate: una delle affermazioni più importanti fu la chiara condanna della violenza: “La violenza non porta che violenza, la giustizia intesa come ripagare il male con il male non funziona: occorre trovare un’altra soluzione!”

 Secondo i dati del Dap, il dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, alla data del 30 Giugno 2004 erano presenti negli Istituti di pena italiani 56.532 detenuti, il picco più alto dal 1946 ad oggi. 

Come si vive in Carcere

Dalla prolusione del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, Francesco Favara, in occasione dell’apertura dell’Anno Giudiziario 2005, risulta che:  "il numero dei detenuti presenti negli istituti di pena alla fine del primo semestre del 2004 era di 56.532, rispetto ai 56.403 presenti un anno prima. Prosegue la tendenza virtuosa alla riduzione del numero dei giudicabili rispetto ai definitivi, che sul totale suindicato, al 30 giugno 2004, erano 35.291, pari al 62,5%. Se si escludono i condannati in primo grado ed in appello, i detenuti che non avevano ancora ottenuto una verifica dibattimentale erano 11.839 (circa il 21%). Dal numero dei detenuti si deduce agevolmente che non è mutata la condizione di sovraffollamento degli istituti, peraltro non omogenea: all’interno dello stesso distretto sono presenti carceri sovraffollati e istituti sottoutilizzati. Gli edifici destinati all’espiazione sono in prevalenza assai vetusti e spesso privi di spazi per le attività comuni e di carattere rieducativo. Si segnala però che diversi complessi penitenziari sono attualmente oggetto di ristrutturazione, mentre di recente è stata deliberata la realizzazione di nuovi istituti; è auspicabile, quindi, che la situazione possa migliorare nei prossimi anni. Resta il fatto che in numerosi casi le condizioni di vivibilità sono spesso denunciate come precarie, sia per mancanza di spazio e grave promiscuità tra detenuti di diversa pericolosità, nazionalità, fede e cultura, sia per carenza di opportunità di lavoro, interno ed esterno, sia, infine, per insufficienza e scopertura degli organici della polizia penitenziaria e carenza di educatori. Inaccettabilmente elevato è ancora il numero dei suicidi e dei tentati suicidi, sovrapponibile a quello dello scorso anno."

Poggio Reale

Nella Casa Circondariale di Poggioreale sono ospitati attualmente circa 1900 detenuti dovrebbero essercene 1100. L’avvocato penalista Vittorio Trupiano è stato “ospite” nel padiglione Genova per 14 giorni. Concorso esterno in associazione camorristica dicono i magistrati dell’Antimafia, una costruzione giurisprudenziale, replica lui. Il tribunale del riesame cancellò l’ordinanza di custodia cautelare: indagato sì, ma a piede libero. Ecco come L’avvocato parla della sua permanenza nel carcere:

“Otto ore. Tanto dura l’attesa di un arrestato nell’ufficio accettazione prima di essere destinato al padiglione…. Le celle sono mediamente occupate da tre letti a castello. La distanza della terza branda dal soffitto è di circa 70 centimetri: ciò significa che chi è costretto a dormire sull’ultimo livello deve stare attento ai movimenti per cercare di evitare di centrare il soffitto. Il bagno della cella è piccolo, fornito di lavandino che all’occasione si “trasforma” (grazie alle acrobazie del detenuto) in lavastoviglie, lavatrice e secchio per sciacquare lo straccio con cui si pulisce la cella. Le finestre sono corredate da sbarre di ferro, e fin qui ci può stare. Ma non si capisce il perché di quella rete metallica con fori da un centimetro. Anche l’aria ha difficoltà ad entrare. Le tracce di infiltrazioni di acqua sono evidenti sui muri. L’immondizia viene ritirata alle 6.30, alle 8.30 si fa la conta…l’ora d’aria è dalle nove alle 10, e dalle 13 alle 14… A differenza dei detenuti degli altri padiglioni, gli ospiti del Genova e del Pad. Livorno non partecipano alla “socialità” e non vanno in Chiesa. La Messa si celebra sul pianerottolo, tanto Dio è ovunque…” (Cronache di Napoli, Domenica 9 Novembre 2003)

Chi è il detenuto 

Scrutando il profilo sociologico della popolazione carceraria si coglie la radice profonda dell’emergenza esplosa negli ultimi anni. Secondo i dati del Dap, al 20 gennaio 2004, I tossicodipendenti e gli immigrati costituiscono i due terzi di tutta la popolazione detenuta. L'1,4% dei detenuti risulta analfabeta, il 6,2% senza titolo di studio, il 27,5% con licenza elementare, il 38,7% con licenza media, il 3,7% con titoli di scuola professionale , il 4,2% con diploma di media superiore, lo 0,9% con laurea. Su 56.532 detenuti, solo 14.437 risultavano avere una precedente occupazione, 14.373 erano i disoccupati, 1.456 in cerca di occupazione, 417 erano casalinghe, 451 studenti, 340 ritirati dal lavoro, 12 in servizio di leva, 479 di altra condizione, mentre per 24.567 il dato non era stato rilevato.

L'effetto di "Super-Concentrazione "

  L’ “effetto di concentrazione” (vedi newsletter di Dicembre 2004)   secondo Wilson:E’  la condizione di isolamento in cui si trova a vivere un soggetto che si trovi a dover vivere, per così dire, ‘intrappolato’ entro reti sociali altamente segregate, costituite da individui che vivono un analoga condizione di povertà economica e precarietà lavorativa.”, Per Wilson un giovane che nasce in un quartiere in cui la maggioranza della popolazione in età da lavoro è disoccupata, e qui trascorre la sua infanzia e adolescenza, ha molte più probabilità di diventare un emarginato grave di un suo coetaneo nato in un altro quartiere con una composizione sociale più eterogenea. Infatti indipendentemente dalle sue inclinazioni personali, dal livello di coesione e dall’origine sociale della sua famiglia egli deve colmare uno svantaggio di partenza. Il fatto di vivere in un quartiere in declino gli impedirà di assumere modelli di ruolo positivi e lo porterà a sviluppare relazioni soltanto con soggetti altrettanto svantaggiati che non sono in grado di aiutarlo ad uscire dalla disoccupazione e dal contesto segregante del quartiere. Una teoria, questa, che spiega il fenomeno dell’alto tasso di devianza nelle periferie emarginate delle grandi Megalopoli come New York o Napoli. 

Se questa teoria è vera allora nelle carceri Italiane, così come sono adesso, si verifica una sorta d’effetto di “Super-Concentrazione”, un concentrato del concentrato degli svantaggi con tutte le conseguenze. 

Perché meravigliarsi allora se – sempre secondo il Procuratore Generale Francesco Favara – nel 2004, i reati sono aumentati, se otto reati su 10 sono impuniti, se…

 

Don bruno

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